La prima cosa che mi viene in mente quando penso a Giulio Regeni e alle torture che ha subito, alla sua morte, ai depistaggi continui dell’Egitto, penso al silenzio. Un silenzio assordante. Il silenzio del nostro governo quando il caso è scoppiato e ci è piovuto addosso in tutta la sua drammaticità. Il silenzio, che è il modo più comodo per scrollarsi di dosso le responsabilità di una vicenda torbida e disumana.
Il nostro Paese il silenzio lo conosce bene, lo ha usato spesso la politica quando non ha saputo cosa fare, quando si sono presentate situazioni difficili da affrontare. Lo ha usato con Giulio Regeni e la sua famiglia, parlando di verità e sforzi per trovarla, ma continuando a trattare l’Egitto come un vecchio amico. E la domanda sorge spontanea: quanto vale la vita di un ragazzo tradito, torturato, ucciso, riconsegnato alla propria famiglia col corpo talmente tumefatto da essere riconoscibile solo dalla punta del naso, di fronte ai grandi interessi commerciali? Quanto sono allarmanti i diritti umani calpestati, l’assenza di Stato di Diritto, l’operato di un paranoico regime liberticida, quando il paranoico regime liberticida ci è amico? La risposta la conosciamo bene, ma il pensiero di dirlo ad alta voce ci annichilisce.
Dedicata a Patrick Zaki, che da dieci mesi si trova in carcere in Egitto: non ci siamo scordati di te, ti aspettiamo a casa.
A cura di Grazia Coppola
Grafica: Luce J. Zheng
Sigla: Cesare Dentella