Grazia Coppola

“I bambini che crescono in carcere hanno problemi di vista. I loro occhi non sanno abituarsi a un orizzonte, perché in carcere un orizzonte non c’è. Ci sono porte di ferro, c’è il cortile con il muro alto, e oltre le sbarre delle finestre c’è un pezzo di cielo a volte, ma c’è sempre anche un altro muro grigio e livido contro cui sbattere anche lo sguardo. I bambini che crescono in carcere giocano senza orizzonte” (Annalena Benini, Fuori dal carcere i bambini, Il Foglio, 16 novembre 2020)

Cosa può significare per un bambino crescere (o addirittura, nascere) in carcere? Cosa può significare per una madre essere punita due volte: con la privazione della libertà e con il costante pensiero che l’essere umano che dipende da lei sconta la sua stessa pena pur non avendo colpa? Oggi, le detenute madri con figli al seguito sono 31 (aggiornamento al 31 ottobre 2020). Quanto può essere accettabile permettere che un bambino che necessita di stare con sua madre viva rinchiuso negli anni cruciali per la sua crescita? Risulta davvero così impensabile trovare un posto alternativo? Oggi, esistono gli ICAM, ma non sono presenti ovunque, e in ogni caso nessun posto chiuso, per quanto meno chiuso possibile, potrà mai essere anche solo lontanamente paragonabile al “fuori”.

Eppure, per le strade, nelle piazze, i difensori dell’infanzia, dei diritti dei bambini contro mostri invisibili, non hanno mai detto una parola su questi bambini. Quasi come se essere figli di donne cattive li rendesse a loro volta cattivi, immeritevoli di considerazione, di pietà. Per queste mamme e questi bambini bisognerebbe andare oltre la vendetta, oltre l’accanimento contro le bestie che vanno tenute in gabbia. Perchè l’amore non basta: servono dignità e libertà. Ma come sappiamo bene, davanti alla perversa voglia di vedere i polsi ammanettati, non c’è diritto all’infanzia che tenga.

Dedicato a chi si sforza di rendere istituti chiusi quanto più aperti possibili per i bambini e le loro mamme, in attesa che si trovi un posto diverso.

A cura di Grazia Coppola
Grafica: Luce J. Zheng
Sigla: Cesare Dentella

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