Grazia Coppola

Moussa Balde, 23 anni, si uccide con le lenzuola della stanza in cui era rinchiuso, in isolamento, nel cpr di Torino. Si trovava lì in attesa dell’espulsione dal Paese. Poco tempo prima era stato pestato da tre persone a causa del tentato furto di un telefono, era stato portato in ospedale e gli era stata data una prognosi di dieci giorni, ma appena scoperto che il suo permesso di soggiorno era scaduto, era stato rinchiuso nel cpr di Torino, in isolamento, senza cure. Ma era davvero così urgente la sua espulsione? Era così pericoloso per la collettività da non meritare nemmeno di essere curato in ospedale per il tempo necessario?

“La detenzione amministrativa assume nella prassi prevalentemente i tratti di un meccanismo di marginalità sociale, confino e sottrazione temporanea allo sguardo della collettività di persone che le autorità non intendono includere, ma che al tempo stesso non riescono nemmeno ad allontanare”: questo l’estratto del rapporto del Garante nazionale delle persone private della libertà riguardante i cpr, o Centri di permanenza per il rimpatrio, vere e proprie carceri per i migranti in attesa di espulsione. Sin dalla loro introduzione, nel 1998, sono risultati inadeguati a gestire una realtà complessa come quella dell’immigrazione clandestina, e di fatto controproducenti. Ma come spesso accade quando si parla di immigrazione clandestina, qualsiasi cosa va bene se tiene lontani i mostri per un po’.

Scusaci Moussa.

A cura di Grazia Coppola
Grafica: Luce J. Zheng
Sigla: Cesare Dentella

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