il 7 marzo 2020 cominciava una serie di rivolte in varie carceri italiane. Più di un anno è passato, in molti se ne sono dimenticati, la nostra politica in particolare quasi subito. E’ passato un anno di chiusure, limitazioni, sofferenza, e mancanze. E forse la mancanza più grande è stata quella del poter vedere e abbracciare chi volevamo.
Per molto tempo siamo stati chiusi in casa, attaccati alla tv o alla radio che ci raccontavano di un Paese piegato da un male invisibile e infame che falciava migliaia di vite con una facilità estrema. I primi pensieri sono stati per chi non era con noi, per i nostri parenti e amici, per la nostra famiglia, e sentirsi con i vari mezzi a nostra disposizione non è mai stato abbastanza…ma è stato qualcosa.
Ecco, ora immaginate questa situazione vissuta da chi non può muoversi dalla sua cella, nemmeno per portare il cane in giro o fare la spesa. Da chi vede la tv e conosce cosa succede nel mondo ma non ha la possibilità di aprire un social network e verificare che tutti stiano bene, o anche solamente per sentirsi meno solo e dimenticato. Togliere a una persona l’insieme dei propri affetti, una mano da stringere, qualcuno da abbracciare e abbracciare, gli toglie tanto. E’ un altro passo verso la totale disumanizzazione e il pericoloso svuotamento di un individuo. E un individuo vuoto può solo lasciare che il proprio abisso lo inghiotta.
Dedicato ai parenti delle vittime delle rivolte.
A cura di Grazia Coppola
Grafica: Luce J. Zheng
Sigla: Cesare Dentella